articoli>

Come funzionano le concessioni balneari in Italia

Norme, gare pubbliche, proroghe e tutte le novità 2025 su stabilimenti e spiagge in concessioneimage

Che cos’è una concessione balneare e come funziona

Definizione e scopo delle concessioni balneari

Una concessione balneare (tecnicamente concessione demaniale marittima a fini turistico-ricreativi) è un provvedimento amministrativo con cui lo Stato (o un ente pubblico delegato) permette a un soggetto privato di utilizzare in modo esclusivo un tratto di spiaggia o area del demanio marittimo per attività turistiche, ricreative o economiche.
In pratica è l’atto che consente di gestire uno stabilimento balneare: ad esempio, montare ombrelloni e lettini, realizzare chioschi o bar sulla spiaggia e offrire servizi ai bagnanti.

La spiaggia è un bene pubblico inalienabile (appartiene allo Stato), quindi i privati non possono acquistarlo, ma solo ottenerne l’uso temporaneo e regolamentato tramite concessione.

Lo scopo della concessione è bilanciare l’interesse pubblico e l’iniziativa privata. Il concessionario può sfruttare economicamente l’area (affitto ombrelloni, ristorazione, ecc.) in cambio di:

  • pagamento di un canone annuo allo Stato,
  • rispetto delle normative ambientali e paesaggistiche,
  • obblighi di manutenzione e sicurezza,
  • durata limitata e condizioni ben definite.

Alla scadenza, salvo rinnovi, l’area torna nella disponibilità pubblica.


Come si ottiene e chi rilascia una concessione balneare

La concessione balneare si ottiene presentando domanda presso l’ente competente (di solito il Comune o la Regione) e partecipando a un bando pubblico.
La gestione del demanio marittimo è decentrata: lo Stato delega alle Regioni, che a loro volta spesso delegano ai Comuni.

L’interessato deve:

  • presentare la richiesta con documentazione tecnica e legale,
  • dimostrare requisiti professionali e iscrizione alla Camera di Commercio,
  • ottenere eventuali autorizzazioni ambientali e paesaggistiche.

La concessione viene formalizzata come atto amministrativo o contratto pubblico, in cui sono specificati:

  • area concessa,
  • durata,
  • canone annuo,
  • obblighi del concessionario.

Le nuove regole, in attuazione della Direttiva Bolkestein, prevedono che tutte le nuove assegnazioni avvengano tramite gara pubblica, per garantire trasparenza e concorrenza.


Durata delle concessioni balneari e canoni

Le concessioni balneari hanno una durata limitata. Storicamente duravano dai 6 ai 10 anni con possibilità di rinnovo, ma erano spesso prorogate senza gara.

La normativa più recente ha introdotto limiti più stringenti:

  • minimo 5 anni,
  • massimo 20 anni, in proporzione agli investimenti del concessionario.

I canoni concessori sono stabiliti per legge, tenendo conto di:

  • superficie dell’area,
  • valore commerciale e turistico della zona,
  • servizi offerti.

Negli anni passati, i canoni erano spesso considerati troppo bassi. Le nuove norme mirano ad adeguarli al valore reale del bene pubblico.
Inoltre, l’accesso alla battigia deve essere sempre garantito gratuitamente ai cittadini, anche in presenza di stabilimenti.


image

Evoluzione normativa delle concessioni balneari in Italia

L’evoluzione normativa delle concessioni balneari in Italia è stata lunga e complessa, caratterizzata da continue proroghe, interventi legislativi, sentenze nazionali e condanne europee. Al centro della questione c’è la Direttiva Bolkestein del 2006, che impone agli Stati membri di garantire concorrenza e trasparenza nell’assegnazione delle concessioni pubbliche.

La direttiva Bolkestein e le prime proroghe in Italia

La Direttiva 2006/123/CE, nota come Direttiva Bolkestein, disciplina la liberalizzazione dei servizi nel mercato interno europeo. Essa stabilisce che l’assegnazione di concessioni su beni pubblici, come le spiagge, deve avvenire tramite gara pubblica e non può essere prorogata automaticamente.

L’Italia ha recepito la direttiva nel 2010, ma ha iniziato da subito ad approvare proroghe legislative:

  • inizialmente fino al 2015,
  • poi al 2020,
  • infine al 2033 (con la Legge di Bilancio 2019, art. 1, c. 682).

Queste proroghe sono state oggetto di procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea e giudicate illegittime dalla Corte di Giustizia UE, che ha condannato l’Italia per la mancata applicazione della direttiva.


Sentenze europee e nazionali: stop ai rinnovi automatici

Nel 2016, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che le proroghe automatiche delle concessioni italiane violano il diritto comunitario.

Nel 2021, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha confermato:

  • l’obbligo di disapplicare le leggi italiane che prevedono proroghe automatiche,
  • la cessazione improrogabile di tutte le concessioni in essere al 31 dicembre 2023,
  • l’obbligo per i Comuni di indire gare pubbliche per il rilascio delle nuove concessioni.

Queste sentenze hanno imposto un cambiamento radicale al sistema, mettendo fine a decenni di rinnovi automatici e trasmissioni ereditarie delle concessioni.


La riforma del 2022: gare pubbliche e fine delle proroghe

Nel 2022, con il governo Draghi, è stata approvata una riforma attraverso il DDL Concorrenza che ha recepito le indicazioni europee e giurisprudenziali.

I punti principali:

  • scadenza fissata al 31 dicembre 2023 per tutte le concessioni in essere,
  • obbligo per i Comuni di indire gare entro quella data,
  • possibilità di proroga tecnica fino a dicembre 2024 solo in caso di impedimenti oggettivi,
  • diritto all’indennizzo per i concessionari uscenti (valore degli investimenti non ammortizzati),
  • mappatura delle aree demaniali marittime per pianificare le gare.

La riforma è stata accolta favorevolmente dall’UE, ma non ha avuto piena attuazione a causa della caduta anticipata del governo.


Gli sviluppi dal 2023 ad oggi (governo Meloni)

Con l’arrivo del governo Meloni nel 2022, la situazione si è nuovamente evoluta:

  • a febbraio 2023 è stata approvata una nuova proroga tramite il Decreto Milleproroghe,
  • è stato avviato un tavolo tecnico con la Commissione Europea per rinegoziare i termini di attuazione della direttiva,
  • è stata lanciata una mappatura nazionale delle coste per dimostrare che la risorsa non è “scarsa”,
  • è stato emanato il Decreto-legge 131/2024, che ha prorogato le concessioni fino a settembre 2027, con nuove gare previste entro giugno 2027.

Bruxelles ha accolto con cautela questa nuova proroga, condizionando la chiusura della procedura d’infrazione al rispetto delle scadenze e alla reale attuazione delle gare pubbliche.

image

Come funzionano oggi le concessioni balneari (ultime notizie 2025)

Nuove norme dal 2024: gare entro il 2025 e proroghe tecniche

Come già accennato il Decreto-legge 131/2024 proroga le concessioni balneari fino al 30 settembre 2027. I Comuni dovranno pubblicare i bandi entro giugno 2027 e completare le assegnazioni entro settembre. È possibile una proroga tecnica fino a marzo 2028 solo in casi eccezionali.

Le gare saranno obbligatorie, basate su criteri di trasparenza, e aperte a tutti: anche gli attuali concessionari dovranno partecipare. I bandi favoriranno microimprese, divisi in lotti più piccoli, per evitare concentrazioni e monopoli.
In particolare vengono focalizzati questi aspetti:

Diritti dei concessionari uscenti

È previsto un indennizzo per i concessionari uscenti, calcolato sul valore degli investimenti non ammortizzati. Gli investimenti effettuati negli ultimi 5 anni saranno indennizzati anche se già ammortizzati. Non esiste diritto di prelazione, ma l’esperienza pregressa sarà premiata nei criteri di gara.

Canoni e accesso alle spiagge

I canoni concessori saranno aggiornati e definiti nei bandi come base d’asta. Si punta a evitare “canoni irrisori” e a destinare parte degli introiti a tutela ambientale. Sarà garantito il libero accesso alla battigia, e almeno il 25% delle spiagge dovrà restare libero.

Problemi e criticità

Il sistema resta incerto: le concessioni sono formalmente scadute a fine 2023, ma prorogate dal governo. Tuttavia, il diritto UE prevale, e alcuni tribunali (es. TAR Liguria 2025) hanno disapplicato la proroga, confermando la scadenza del 2023.

Questa ambiguità normativa può generare contenziosi e una gestione non uniforme tra Comuni. Inoltre, la transizione fino al 2027 blocca investimenti e rinnovamenti, danneggiando la qualità dei servizi balneari.

La sfida resta quella di conciliare concorrenza e tutela delle imprese familiari storiche, bilanciando le regole europee con le esigenze del territorio italiano.

Cronologia delle principali tappe normative

Anno Evento Effetto
2006 Direttiva Bolkestein (UE 2006/123/CE) Obbligo di gara e divieto di rinnovi automatici per concessioni pubbliche
2010 Recepimento direttiva in Italia (D.lgs. 59/2010) Inclusione delle concessioni balneari tra i servizi liberalizzati
2016 Sentenza Corte di Giustizia UE Proroghe italiane giudicate illegittime
2018 Legge 145/2018 (art. 1, c. 682) Proroga fino al 2033 (poi bocciata)
2021 Sentenze Adunanza Plenaria Consiglio di Stato Scadenza fissata al 31 dicembre 2023, stop a proroghe
2022 Riforma Draghi con DDL Concorrenza Gare pubbliche obbligatorie, indennizzi, mappatura
2023 Milleproroghe con nuova estensione Rinviate le gare, proroga mascherata
2024 Decreto-legge 131/2024 Proroga fino a settembre 2027, bandi entro giugno 2027

La posizione del governo Meloni sulle concessioni balneari

Il governo guidato da Giorgia Meloni ha ereditato una questione annosa e politicamente delicata. In campagna elettorale, i partiti della sua coalizione (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia) avevano promesso ai balneari di difendere le concessioni dagli effetti della direttiva Bolkestein, prospettando di “togliere le spiagge dalla direttiva” o comunque di trovare soluzioni favorevoli agli attuali gestori.

Una volta insediato, l’esecutivo ha cercato di mantenere queste promesse, pur dovendo fare i conti con i vincoli europei. La linea seguita è stata quella del compromesso negoziale: chiedere più tempo e condizioni particolari all’UE, cercando di attenuare l’impatto della direttiva Bolkestein, senza però arrivare a uno scontro frontale.

Nei primi mesi di governo, Meloni ha inviato segnali rassicuranti al settore:

  • ha avviato la mappatura delle coste italiane, per dimostrare che la risorsa non è “scarsa”,
  • ha inserito nel Decreto Milleproroghe 2023 un rinvio delle gare,
  • ha aperto un dialogo con Bruxelles per ottenere una “moratoria” sull’applicazione della direttiva.

In questo contesto, il governo ha sostenuto che l’Italia ha oltre 11.000 km di coste (includendo anche le scogliere), per rafforzare l’idea che ci sia spazio per tutti e che la concorrenza possa essere gestita senza sacrificare gli operatori storici.

Nel settembre 2024 è stato approvato il Decreto-legge n.131/2024, che ha prorogato le concessioni fino a settembre 2027, con obbligo di pubblicazione dei bandi entro giugno 2027. Giorgia Meloni ha definito il provvedimento un “punto di equilibrio” tra rispetto degli obblighi europei e tutela delle imprese italiane. L’accordo è stato presentato come una soluzione definitiva alla questione, capace di coniugare liberalizzazione e protezione sociale.

Il governo ha anche:

  • annunciato l’aumento dei canoni concessori,
  • previsto indennizzi garantiti ai concessionari uscenti,
  • stabilito criteri che valorizzano l’esperienza e il radicamento territoriale nei futuri bandi.

Tuttavia, le opposizioni hanno criticato la manovra. Alcuni l’hanno definita un modo per perpetuare privilegi, altri temono che il meccanismo favorisca l’arrivo di grandi gruppi o soggetti stranieri, a discapito delle PMI italiane. Bruxelles, da parte sua, ha accolto con cautela l’accordo, lasciando aperta la procedura d’infrazione fino alla verifica della piena attuazione delle gare.

In sintesi, la posizione del governo Meloni può essere riassunta così:

  • sì alle gare, ma non subito;
  • concessioni garantite fino al 2027 per evitare shock al settore;
  • criteri di gara che favoriscano i concessionari storici, ma nel rispetto delle regole UE;
  • dialogo continuo con l’Europa per chiudere la procedura senza sanzioni.

Il governo ha quindi “ceduto” sull’applicazione della direttiva, ma ha cercato di salvaguardare il più possibile le imprese italiane. L’esito finale dipenderà dalla capacità di mantenere gli impegni presi e dall’equilibrio tra apertura alla concorrenza e tutela dell’identità economica e culturale del litorale italiano.

FAQ – Domande frequenti sulle concessioni balneari

D: Cosa si intende per concessione balneare?
R: È l’atto con cui un ente pubblico (Stato, Regione o Comune) autorizza un privato ad utilizzare un tratto di spiaggia (demanio marittimo) per scopi turistico-ricreativi. In pratica è un “permesso di gestione” di una porzione di litorale, ad esempio per aprire uno stabilimento balneare con ombrelloni, lettini, bar, etc.

D: Come si ottiene la concessione di una spiaggia?
R: Bisogna partecipare a una procedura di selezione pubblica. Storicamente molte concessioni venivano rinnovate automaticamente al precedente gestore, ma oggi occorre che il Comune bandisca una gara aperta a tutti gli interessati.

D: Quanto dura una concessione balneare?
R: Le nuove concessioni avranno una durata non inferiore a 5 anni e non superiore a 20 anni, proporzionata agli investimenti.

D: Che cos’è e cosa prevede la direttiva Bolkestein per gli stabilimenti balneari?
R: La Direttiva Bolkestein impone che l’assegnazione di beni pubblici per attività economiche avvenga in modo concorrenziale e non discriminatorio.

D: Le concessioni balneari in Italia sono tutte scadute? Cosa sta succedendo nel 2024?
R: Formalmente sì: secondo le decisioni dei giudici italiani, tutte le concessioni sono scadute il 31 dicembre 2023, ma è stata introdotta una proroga tecnica fino al 30 settembre 2027.

Vuoi Sapere Se Sei Pronto per la Tua Gara?

Prenota una chiamata gratuita con un esperto e scopri come possiamo aiutarti a ottimizzare il tuo punteggio di gara, evitare errori e ottenere la massima competitività

prenota una chiamata
facilebalneari-soluzioni-concessioni-spiagge